Pasolini profetico

All’insegna del centenario dalla nascita del poeta-vate, vi presento un elaborato sull’animo, l’ideologia, la vena più intima che ha mosso gli scritti del Pasolini. Da ora, si spengano le luci…

Corpi vilipesi

Corpi vilipesi. Coscienze desertificate. Animosità irriconoscibili di fronte all’unico barbaglio monotono. Teschi ormai aggrappati gravemente alle pareti irregolari. Anime disperse che si aggirano attorno all’inesistenza di un orizzonte di senso. Nella caverna platonica dell’assoluta laboriosità non v’è placet. Eppure, nel tenebroso antro in cui si ha unica dispersione di inconsapevolezza e incoscienza, un’ultima luce, per quanto fioca, sembrerebbe colpire gli occhi di un valente poeta.

Il risveglio nella caverna

Nel monotono stacanovismo del neo-edonismo capitalistico, l’unica cogitatio libera sembrerebbe unicamente fiammeggiare entro l’anima Pasoliniana. Abbandonando la leggiadra torre d’avorio si prodiga animosamente nell’atto della reconquista libertaria, nell’atto di una concitata trasposizione nel reale del metodo trasformativo marxista. Alla pari del mito platonico dei prigionieri di coscienza nella caverna tenebrosa, il Pasolini attua, in tal misura, un sovvertimento di coscienze. A seguito della rivelazione della vacuità del mondo capitalistico, e del suo surrettizio carattere totalitaristico, questi sembrerebbe agire con la sua opera a favore di un risveglio dogmatico delle anime rimaste incatenate entro le pareti rocciose dell’illusione. L’essenza profetica del Pasolini si rivela allora nell’atto di un valoroso richiamo di coloro rimasti incarcerati coscienzialmente di fronte al Leviatano capitalistico-borghese. Quasi mediante uno scossone, realizzato sapientemente mediante le opere cinematografiche, il poeta tenta più che mai una comunicazione dall’esterno della caverna platonica per poter giungere, di scatto, all’interiorità dei dormienti assuefatti dalla logica dell’accrescimento del Capitale. Non è pertanto un caso che una simile comunicazione debba preferire la via del turpiloquio, funzionale allo scuotimento coscienziale, che si realizza mediante la messa in scena del puro agire gaudente del Capitalismo stesso. Il Pasolini, ossia, induce nella mente dell’osservatore prigioniero un ribrezzo mediante la visione tenebrante di violenze e scenari difformi, tali da richiamare uno scandalo ma favorevoli al risveglio coscienziale. In tali sceneggiature cinematografiche, di fatti, l’artista mette a tema l’essenza del neo-edonismo, delle violenze vissute nel quotidiano ma spesso ignorate inconsapevolmente. Tali sono le violenze del Capitalismo, che induce, contro la democrazia di facciata, ad un livellamento, ad una reductio ad unum, e ad un infinito pluralismo della stessa realtà di disproporzione sociale, alimentato unicamente dalla sorgente del plusvalore, quale non plus ultra.

Omologazione

La lezione di Pasolini a tal riguardo si scorge particolare entro gli stilemi artistici di un focoso pennello che dipinge con la puntigliosità della retorica elegante e raffinate l’insensatezza della struttura capitalistica. A rispondere alla necessità di un risveglio delle coscienze v’è pertanto l’incendiario stile constatato entro un giornalismo più che mai corsaro. È specialmente nell’articolo dedicato al puro e vano atto di una profanazione della religione che si realizza la rampogna sociale del valente poeta nei rispetti di un Capitalismo che avrebbe ridotto a merce gli stessi massimi simboli di Famiglia, Religione, Fede. Facendo leva sulla famigliarità folcloristica, la strategia del nuovo marchio Jesus avrebbe di fatti strumentalizzato il credo religioso, rispendendo al più alto e statuario Capitale. Presupponendo un controllo delle coscienze anzi piuttosto lasco avrebbe in realtà a pieno realizzato l’essenza del perfetto totalitarismo, inteso nel suo terebrante accesso nelle coscienze, che, una volta imbrigliate sarebbero state rivolte, perinde ac cadaver alla sudditanza. Una volta rivestite della casacca del consumista, l’essenza della nuova massa sarebbe stata unicamente circoscritta dietro la rivisitazione del Cartesiano Cogito ergo sum, in Consumo ergo sum – in chiave tipicamente Baumaniana. Queste stesse sarebbero state in ultimo ridotte terribilmente a semplici maschere di carattere e a minime ed infime astuzie di una ragione ben più evidentemente imponente. È Specialmente anche in riferimento ai risultati del referendum abrogativo che il Pasolini evidenzia più che mai un’ulteriore instaurarsi dell’unica logica Capitalistico-borghese: contro l’apparente dichiarazione di una vera e propria conquista in senso comunitario oltre che etico-morale, il Pasolini sembra agire controcorrente rispetto al giornalismo assuefatto al Capitale. Questi afferma dichiaratamente l’evidente debacle di ogni valore e di ogni ultimo afflato della società paleo-industriale, che si riconduce all’atto di una consistente omologazione. Nel dettaglio, ecco che sembra prender corpo la rarefazione delle lucciole, intese, latu sensu, quali massimamente rappresentanti della continua imperante disfatta del passato rispetto alla nuova logica del presente. Collateralmente si realizza a pieno l’interscambiabilità delle coscienze, al di fuori della propria appartenenza corporale o a determinati fenomeni gestuali: ecco più che mai che fascisti e antifascisti si trovano aggrappati unicamente alla stessa voce sostratica del Capitale e alla stessa imperante coltre di disuguaglianza sociale e etico-morale.

Le ultime lucciole

Unica possibilità di riscatto è allora da cogliersi entro i confini degli ultimissimi fortilizi della cultura paleoindustriale, per cui il Pasolini sembrerebbe ben disposto a sacrificare la nota Montedison di Milano. È in tali gangli che si ravvede la tangibile possibilità di una porta-carraia per il passato idealizzato, nonché per un passato evidentemente alieno rispetto alla logica di acculturazione, e più che mai definito in forza della sua notevole autenticità oltre che di trasparenza del pensiero. La vitalità della struttura borgatara sembra particolarmente indirizzare una forma di fascinazione nella mente Pasoliniana, specialmente in ragione della sua quasi descrizione di locus amoenus, del tutto pertanto intatto e incontaminato rispetto al liquame del nuovo imperante totalitarismo. Questa è colta nella sua spensieratezza, nel suo conducimento di un’apparente vita di stenti e di inedia in realtà colti anzitutto nella loro espressione onesta e sincera, oltre che totalmente disinibita rispetto ad ogni interdizione coscienziale. Non è affatto un caso che la voce pasoliniana si riconduca, a tal riguardo all’attenta disanima della struttura periferica di Roma, all’interno di ben due romanzi – nonché Ragazzi di vita e Una vita violenta. Lo scenario tanto aberrante della realtà più marginalizzata rappresenta nucleo fondamentale per il raggiungimento dell’effettiva liberalizzazione non già di merci bensì di menti.

Pasolini redivivo

Il Pasolini rappresenta voce particolarmente preziosa entro il secolo passato, ma la cui presenza continua imperterritamente a richiamare all’attenzione la nuova società dello sviluppo senza progresso e del consumo ergo sum. L’atto fondativo di una riflessione permeante di lucidità mentale si anima dietro il difficile ruolo di intellettuale non sempre pienamente compreso, in ragione di un capitalismo fervidamente impiantato nelle coscienze. Nel suo figurare quale massimo parresiasta, si sarebbe pertanto visto troncato della propria stessa vita, in ragione della sua terribile uccisione, per mano del Pelosi. Eppure, l’anima pasoliniana si evidenzia particolarmente presente e più che mai rediviva all’interno dei suoi scritti e dei suoi articoli, frutto ulteriormente di un’autenticità unica e rara.

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