Homo e AI

Non è raro sentire oggi, più che mai, dell’intelligenza artificiale: ora presentato come un Leviatano insormontabile, ora come un prodigio della mente, ora come il possibile protagonista della fantascientifica singolarità di Vernor Vinge, ora ridotto ad un semplice compito per casa da dover sviscerare asetticamente nei suoi più intimi particolari. Un ventaglio non di poco conto, che rivela la più totale contingenza dell’Intelligenza artificiale stessa.

Cos’è l’Intelligenza Artificiale?

Molto spesso l’intelligenza artificiale è erroneamente associata alla robotica: eppure i due mondi differiscono ampliamente. L’Intelligenza artificiale costituisce ordunque l’anima essenziale; il robot è tale in quanto racchiude nel proprio nucleo metallico l’anima AI. L’intelligenza artificiale è in fondo una branca dell’informatica avanzata, nella quale i codici si fondono nel tentativo di automatizzare un incommensurabile numero di azioni. Può trattarsi di qualunque cosa: riconoscere un oggetto e denominarlo, riconoscere il significato di una parola, trascrivere, ascoltare, guidare una macchina, selezionare il brano di canzoni preferito, creare una playlist ad hoc, comprendere le intenzioni altrui. Sono vere e proprie azioni quotidiane che vengono delegate ad un’altra “anima” qual è l’AI, risparmiando tempo e fatica e limitando al minimo ogni possibile errore umano.

L’intelligenza artificiale è presente ogni qual volta ricerchiamo una qualunque cosa su Google, ogni volta che chiediamo a Siri I come sia il tempo, che traduciamo una frase poco chiara dall’inglese all’italiano o che attiviamo la dettatura automatica: PageRank, speech recognition, Machine Translation, speech synthesis. Sono quest’ultimi, in realtà, i veri nuclei primordiali dell’Intelligenza artificiale: gli algoritmi, che traducono molteplici azioni nel linguaggio computazionale.

L’intelligenza non artificiale

Ecco allora aprirsi un nuovo sipario: l’intelligenza artificiale siamo noi. Programmatori, ricercatori, informatici: sono queste, in realtà, le menti che si impegnano a plasmare l’intelligenza artificiale del futuro, attraverso impegnative linee di codice in cui si potrebbe forse nascondere il segreto della Strong-AI (che si avvicinerà alla singolarità di V. Vinge). La prospettiva del Machine Learning e del Deep Learning sembra proprio preludere alla creazione di un’intelligenza effettiva, in cui l’uomo si piegherebbe ad un livello di subalternità. Si tratterebbe (come affermato negli studi di G. Wah e L. Chi (2020) “Strong Artifical Intelligence and Consciousness” ) di un’intelligenza coi fiocchi, in grado di provare a pieno delle emozioni – e non semplicemente di simularle. Un dato interessante, ma che si abbandona, per il momento alla pura fantascienza e in cui un’effettiva base scientifica è del tutto carente.

Oltretutto, sorgono numerosi dubbi non soltanto relativi alla potenziale plasmazione di una Strong-AI, ma anche alla sua stessa attestazione. Mi spiego meglio: “Se mai si dovesse riuscire a plasmare una nuova ed effettiva intelligenza artificiale, come si potrebbe mai definire quest’ultima tale?” Molti potrebbero ritenere il test di Turing una possibile soluzione; eppure questo non certifica l’intelligenza dell’AI, piuttosto stabilisce il grado di somiglianza delle azioni di comprensione e sintesi testuale con quelle umane. Ancora una volta torna in gioco la bravura umana nella sintesi di un codice computazionale efficiente, pertanto il test di adegua piuttosto ad un’intelligenza artificiale in senso (ri)stretto – nonchè ad intelligenza che è artificio dell’uomo e che permane nella condizione di Narrow-AI (Pagerank, speech recognition, Machine Translation, speech synthesis, et cetera). La sfida di una Strong-AI è piuttosto relativa alla creazione di un’intelligenza non artificiale – nonchè un’intelligenza le cui azioni non sono programmate dall’uomo attraverso delle linee di codice, ma in cui intervengono meccanismi in fondo imprevedibili (che è quanto d’altronde contraddistingue l’essere umano).

Machine Learning e Deep Learning

I meccanismi imprevedibili succitati di un’intelligenza forte, si scorgono in parte nei sistemi di ML e DL: quest’ultimi, tuttavia circoscrivono l’imprevedibilità pur sempre in dei linguaggi informatici. Mentre nel caso di una Strong AI, l’imprevedibile è sui causa, nell’ML e DL, l’imprevedibile è piuttosto parte di un algoritmo ben delineato.

Nel dettaglio, nel caso del Machine Learning, a seguito di specifici esempi di addestramento (training examples) e di un primo contatto di ordine fenomenico, la macchina è in grado di categorizzare, riconoscere ulteriori dati e offrire delle date predizioni: acquisisce una pseudo-conoscenza che permette di divincolarsi sempre più dallo stadio di supervisionato. La macchina impara, ossia, e costruisce una rete di ragionamento di partenza secondo un modello probabilistico; questo viene generato a seguito di un’attenta rielaborazione di dati storici – che si assume provengano da una data distribuzione stocastica.

Con il Deep Learning, il machine learning viene portato ancor più allo stremo: la parvenza di un’autonoma ricerca di un plausibile risultato (quella del ML) viene installata in un complesso meccanismo di reti neurali, per cui la macchina si avvicina fortemente ai meccanismi neuronali, presenti all’interno, invece, del sistema nervoso umano.

Si utilizzano qui molteplici livelli di algoritmi, nei quali figurano più unità non lineari organizzati secondo una specifica gerarchizzazione dei concetti e dei dati raccolti e in seguito ottenuti. Si tratta di una pseudo-conoscenza dal valore aggiunto, in cui si assiste ad una maggiore autonomia intellettiva da parte della macchina, senza che sia necessaria la costante presenza dell’uomo. La rete neurale apprende in maniera del tutto autonoma, definendo i collegamenti tra i differenti molteplici livelli (molto somiglianti con i nostri assoni presenti nei neuroni), secondo uno schema di pesi modulabili: le macchine non semplicemente apprendono, ma anzi imparano ad apprendere, mostrando una flessibilità notevole.

Si coglie a questo punto quale sia l’ordine gerarchico tra AI, ML e DL che viene qui schematizzato nella figura.

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